Dal dizionario: “Chi guida, insegna, costituisce un esempio”.
C’è una grande differenza tra un Istruttore ed un Maestro… un bravo Maestro non deve limitarsi ad insegnare la tecnica, ma anche e soprattutto la filosofia che sta dietro le Arti Marziali.
Quando un allievo, alla fine della lezione, si rende conto di aver imparato un qualcosa che lo ha fatto crescere nella sua forza di spirito, allora il Maestro è riuscito nel suo intento.
Personalmente questo mi accade ogni volta che partecipo ad una lezione del Maestro Merlo.
“Ottimo è quel Maestro che, poco insegnando, fa nascere nell’alunno una voglia grande d’imparare“(Arturo Graf).
Con queste parole, mie, tratte dalla Dispensa n.3, inizio questa lettera aperta a tutti gli allievi passati, presenti e futuri della Scuola.
In passato, nella tradizione delle Arti Marziali, il rapporto Maestro – Allievo era molto diverso da oggi. Vi era molto “rispetto”, vi era molto “distacco”; il Maestro non insegnava a tutti, non insegnava solo la pura tecnica ma un vero e proprio stile di vita, magari ispirato alla propria, o alla vita dei suoi Maestri.
Oggi, diventa più difficile che un Maestro rappresenti questo; nella nostra società, nessuno pretende più di insegnare o imporre un proprio stile di vita; al massimo si possono dare dei consigli, opinioni, indicazioni. E’ altrettanto vero che nessuno, o pochissimi, entrano in una palestra di Arti Marziali per ricevere insegnamenti di vita. Vi è quindi una mancata predisposizione a percepire nel Maestro una figura che ci può dare qualcosa di più di una bella Forma.
Se da un lato le Scuole di Arti Marziali tradizionali sono oggi molto più “accessibili” di un tempo, grazie anche al rapporto “temporaneo” ed “informale” con il proprio Maestro, dall’altro questa cosa nasconde delle insidie.
Si comincia con il fare delle domande, è naturale; si comincia a dubitare e quindi a chiedere il “perché” (dimenticandosi che la migliore cosa da chiedere sarebbe il “come”) e si arriva in taluni casi a mettere in discussione l’insegnamento, il metodo, i contenuti, fino all’apice del criticare il proprio Maestro.
Qui, vedete, non si tratta di un reciproco dialogo, costruttivo ed efficace… si riduce una figura-guida ad un mero ruolo di allenatore, si tende ad instaurare una relazione paritetica che non ha ragione di essere, si passa a considerarlo uno di noi, uno come noi… cosa mai avrà di particolare da non poter essere criticato ?
Si perde la capacità di mettersi in discussione, di considerare che il Maestro sta sfruttando la sua esperienza per meglio insegnarci quello che abbiamo chiesto di imparare… eppure è un dato di fatto, è una cosa palpabile… e se ancora non sono in grado di percepirlo, allora è proprio vero che ho ancora molto da imparare…. mi basta guardare i suoi allievi più “anziani” (e non parlo di età anagrafica) che ancora lo stanno seguendo per capire che dietro c’è della sostanza… mi basta praticare per qualche lezione per capire quello che sto ricevendo.
Prima di entrare in una Scuola di Arti Marziali, bisognerebbe interrogarsi sulle proprie capacità di essere un buon allievo, di saper incarnare questo ruolo, minoritario per mancanza di esperienza, aperto all’ apprendimento, fiducioso nel lasciarsi guidare.
Un buon allievo dovrebbe predisporsi ad accettare ogni insegnamento dal proprio Maestro, incondizionatamente.
E’ vero, anche un Maestro può sbagliare, non è infallibile… Il fatto però che creda profondamente in quello che fa, e cerchi sempre di aiutare i propri allievi a migliorare ed a crescere, sminuisce altamente il peso di un errore.
E’ pur vero che un allievo può decidere di interrompere questa “sottomissione” fiduciosa in qualsiasi momento, lasciando spontaneamente la Scuola.
La parola “Si Fu“, letteralmente e originariamente traducibile con “Maestro – Padre” porta in sè un importante significato: un rapporto di familiarità e un rapporto di insegnamento. Un insegnamento fatto da una persona di cui abbiamo fiducia, ed a cui portiamo rispetto.
Interagendo con lui usando l’appellativo di “Si Fu“, o Maestro, costruiamo e modelliamo questo bel rapporto di rispetto e lo sproniamo a riversare il suo sapere; dietro a questo termine per rivolgerci a lui si nasconde una richiesta, implicita, di voler ricevere un qualcosa che lui ha, e che noi ancora non abbiamo: per questo siamo diversi, nel reciproco rispetto.
Personalmente, rivolgermi al mio Maestro chiamandolo in questo modo mi dà un senso di sicurezza… mi fa ricordare che ho ancora tanto da imparare, che lui sa qualcosa più di me, che lui mi può insegnare.
Nei momenti di difficoltà, inevitabili in qualsiasi percorso Marziale, quando l’allievo, da solo, è disorientato e non riesce a superare il proprio “limite”, un corretto rapporto allievo – Maestro diventa determinante per trasformare una debolezza in una nuova opportunità di crescita.
Solo grazie a innumerevoli generazioni di Maestri le Arti Marziali sono “arrivate” fino a noi; ogni Maestro va onorato per continuare questa “missione”.
Una volta ho letto questa frase; è un antico proverbio Cinese: la voglio “tramandare” a tutti voi, perché il significato è davvero importante:
“Quando bevi acqua, ricordati della fonte !“
Onoriamo quindi i Maestri, tutte quelle persone che si sono impegnate e che si impegnano ancora oggi a portare avanti il messaggio originale delle antiche Arti Marziali tradizionali.
Solo così noi, forti delle nostre esperienze, potremo forgiare da voi allievi i Maestri del futuro !
M° Maurizio Paderni
CSKF – Brescia
05/09/2014